Il gusto del teatro
Da sempre nella lunga storia dello spettacolo c’è stato un forte connubio tra cibo e teatro.
Questo connubio risale a tempi remoti e riporta alla concezione classica del “convivium” romano e del “simposio”, che nella cultura greca condensava i valori che nobilitano l’uomo. Era un’occasione di socialità e apriva le porte a una vera e propria forma di conoscenza.
Nell’età umanistica-rinascimentale il teatro era associato alla festa carnascialesca o ad una rappresentazione di regime e potere, quel teatro cortigiano allestito per volere di un principe e accompagnato da lauti ricevimenti, che si diffuse in tutte le Corti degli Stati Italiani.
Quindi lo spettacolo fin dalla notte dei tempi è stato affiancato a ricchi e abbondanti banchetti.
Ancora possiamo ricordare gli spettacoli rappresentati a Napoli nei cafè-chantant di inizio ‘900, ricchi di musica, comicità, balletti, gags, di intrattenimento con degustazioni, con drink e bevande. Gli spettatori avevano dunque la possibilità di gustare cibo e godersi un “teatro” inteso come occasione di svago e di divertimento, ammirando illustri artisti, tra cui ricordiamo il nostro Raffaele Viviani, i fratelli De Filippo e il grande Totò.
Totò e la gioia del palato
Totò amava mangiare e aveva il culto della buona tavola, anche in ricordo dei duri anni di gavetta in cui aveva patito la fame. Non c’è da stupirsi, quindi, che avesse elaborato diverse ricette per la gioia del suo palato, di quello dei familiari e degli amici fidati. Il suo credo era: “A tavola si capisce chi sei e con chi hai a che fare”!
Secondo Totò, ogni cibo andava curato nella sua semplicità. Se decideva di mangiare pane ed olio, entrambi gli ingredienti dovevano essere di prima scelta e consumati ad una tavola bene apparecchiata, perché secondo lui l’occhio e lo stomaco avevano uguali diritti.
Alla tavola del “principe” fiorivano battute in libertà e venivano raccontati aneddoti esilaranti!
“Lei vuole sposare mia figlia? No, non se ne fa niente: a me i generi non interessano, a meno che non siano alimentari.” (“Totò cerca casa”, 1949)
La cucina nel teatro di Eduardo De Filippo
Eduardo rispettava molto la cucina, amava cucinare e, trasferì questa sua passione per l’arte culinaria nella sua drammaturgia.
Sono molte le scene dedicate al pranzo, e i suoi personaggi si dilettano a dare spiegazioni sulla preparazione delle pietanze, sulle varie ricette, fanno interessanti citazioni gastronomiche… In Eduardo il pranzo è una topica costante e gioca un ruolo fondamentale, ossia il pranzo costituisce l’incontro, il confronto e lo scontro in famiglia.
Ma il cibo serve anche a scandire le varie fasi della giornata e il ripetersi del ciclo biologico della vita di un uomo: la colazione, la pausa per un caffè, la cena, ecc…
Ricordiamo il caffè in “Natale in casa Cupiello” (1931), che secondo Luca “fete ‘e scarrafune”. Il protagonista rimprovera la moglie Concetta perchè non è in grado di preparare un buon caffè: ”Concè ti sei immortalata! Che bella schifezza che hai fatto! [ ] Non ti piglià collera Concè. Tu sì una donna di casa e sai fare tante cose. Per esempio ‘a frittata c’’a cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. E’ una pasticceria. Ma ‘o ccaffè non è cosa per te. [ ] Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perchè vuoi risparmiare. Col caffè non si risparmia. E’ pure la qualità scadente: chisto fete ‘e scarrafune…”.